venerdì 28 marzo 2008

OSTERIA DEL PARLAMENTO...

Noi tre, ai ristoranti dove si degustano piatti tutti gne gne gne, abbiamo sempre preferito le trattorie con il trattore panciuto e simpatico, oppure le più tradizionali osterie, dove oltre al vinello di mescita, si possono ascoltare quelle volgari filastrocche del tipo: “osteria numero dieci e poi segue la rima”, poi da un altro tavolo rispondono: “osteria numero quattro e poi segue la rima in risposta all’altro tavolo”, si fanno delle vere e proprie battaglie, dove gli ospiti dell’osteria diventano tutti partecipi e giudici.
Forse è uno spaccato della nostra Italia in estinzione, ma lo regge in vita la politica.
Già leggendo i quotidiani nelle pagine dedicate alla politica, appare in visione una grande osteria, dove ai tavoli siedono politici in gara tra loro e si sfidano a colpi di: “osteria numero nove, l’Alitalia avrà un padrone” e dall’altro tavolo: “osteria numero sette, aumenteremo la pensione”, poi c’è anche chi cerca di delegittimare e intona: “osteria della ragione, chi l’ha detto è un gran furbone”.
Fortunatamente, non si svolge tutto nelle osterie, altrimenti con il vinello di mescita in corpo, le filastrocche chissà cosa reciterebbero.
Però, a difesa dei filastrocchieri, c’è il fatto che l’Italia è un paese dove il folclore è nel proprio dna, siamo un popolo folcloristico e di buon umore grazie a DIO, altrimenti analizzare seriosamente le filastrocche elettorali, potrebbe essere un dramma per l’umore quotidiano.
“Osteria del malcontento, non c’assiste manco il tempo, senza sole niente mare, tocca anna tutti a votare, dammela a me biondina, dammela a me biondà”, sperando che cambi qualcosa.
“Osteria del parlamento, chiedi il voto e io non sento…”
Gronchi Rosa: !

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