domenica 7 novembre 2010

EMME, con questo racconto arrivai ultimo ad un concorso CONI, ma vorrei dedicarlo a Maria Grazia, mi tiene compagnia la domenica pomerigio

Il Maestro
L’introduttore alla mia vita

Siamo alla fine degli anni settanta ed alla fine della mia adolescenza, il tempo che a mia memoria, è stato il più romantico, il più vissuto intensamente, con i suoi primi innamoramenti seri e le prime iniziazioni alla maturità.
Io, avevo già lasciato gli studi e presa la licenza media inferiore, mi dedicavo a quella che avrebbe dovuto essere la mia attività, negli anni a seguire, facevo il commesso in una attività di famiglia per poi, raggiunta la maggiore età, aprire un’attività, per conto mio, per il mio futuro, che allora, vedevo molto roseo.
Fu appunto in quel periodo, che alcuni miei amici si iscrissero in una palestra di judo, perché, gli amici che avevo erano tutti cresciuti con il mito, dei famosissimi film che arrivavano dall’oriente, con gli eroi, combattenti ed esperti di arti marziali, dove su tutti primeggiava Bruce Lee.
E fu appunto per continuare a frequentare i miei amici, che nel tempo libero, decisi di iscrivermi anche io a quella palestra, palestra che era situata alla periferia della cittadina in cui vivevo, in un seminterrato poco accogliente e anche mal odorante, ed io, come del resto anche i miei amici, per tre giorni a settimana facevamo un bel po’ di strada a piedi per raggiungerla, perché tutti privi di patente automobilistica.
Il primo impatto con quella palestra, fu piuttosto ruvido, raggiunsi i miei amici in una seduta di allenamento, con l’intento di iscrivermi anche io e entrato in quella palestra, gelida perché inverno, trovai una ventina di ragazzi e ragazze, che mentre correvano, su quello che poi mi dissero chiamarsi tatami, si esibivano in capriole, dando schiaffi al pavimento e ricordo benissimo che pensai, conoscendomi bene, che io mi sarei vergognato da matti, ritenendo tutto ciò un gioco per bambini della scuola materna.
Mentre accalorati dall’allenamento, gli amici mi salutarono, alla salita sul tatami di un normale signore con gli occhiali, che tutto sembrava fuor che un forzuto lottatore, che indossava anche lui il judogi, i ragazzi e le ragazze si allinearono, silenziosi e si salutarono con un inchino, poi si inginocchiarono tutti di fronte al maestro, ed egli con parole placide, scambiò battute con ogni uno di loro, poi li fece alzare ed iniziarono il loro allenamento.
Fu appunto allora che egli si avvicinò a me chiedendomi il nome, ma già sapendo a che proposito ero lì, perché il tutto era già stato spiegato dai miei amici, mi disse anche di assistere alla lezione intera, per poter così vedere, se il tutto mi sarebbe piaciuto e che alla fine della lezione egli mi avrebbe chiesto, cosa ne pensavo.
Cosi vidi i ragazzi prima correre per riscaldarsi e fare fiato, poi fare esercizi per irrobustire la muscolatura e poi iniziarono a fare dei veri e propri combattimenti, anche tra ragazze e ragazzi, credetemi per me che avevo frequentato solo scuole in classi maschili, dove le ragazze erano bandite, ed allora facente parte degli scout,
( associazione cattolica ) dove tutto era diviso tra ragazzi e ragazze, le guide da una parte e gli scout dall’altra, il trovarmi in un ambiente dove le ragazze si rotolavano per la lotta a terra, con i ragazzi, dette una svolta alla mia scelta, da quella sera avrei fatto parte di quella palestra, così attesi con ansia la fine della lezione, per riprendere il colloquio con il maestro, cosa che avvenne presto.
Così, mentre tutti andarono alle docce e quelle si, che erano divise tra ragazzi e ragazze, egli si avvicinò a me ed iniziammo un lungo colloquio, dove egli mi spiegò, che il judo, non era una prova costante di forza, ma in realtà, si trattava di mettere l’avversario in difficoltà durante l’incontro e sfruttare il più possibile, la sua stessa forza, quindi necessitava anche di intelligenza e prontezza di riflessi, mi disse anche che per gli orientali, era una vera e propria filosofia di vita e da come il maestro ne parlava, capii che anche lui aveva una visione romantica della vita e che anche per lui così come lo era per me, rispettare l’avversario, era una teoria da mettere in pratica anche nella vita quotidiana e non solo sul tatami.
Poi egli mi dette il mio judogi, la mia cintura bianca e finito di iscrivermi alla palestra, si ritirò a fare la doccia anche lui.
Io presi il mio pacco e andai a casa con la promessa che due giorni dopo, sarei salito per la mia prima volta su quel tatami, con la speranza di non farmi male.
Arrivò presto quel mercoledì e puntuale alle diciotto mi trovai a vestire per la prima volta il judogi, altri ragazzi si adoperarono ad allacciarmi la cintura, perché c’è un modo particolare per allacciarla, ed io imparai presto.
Salito sul tatami, i miei amici mi presentarono agli altri ragazzi e quelle furono presentazioni che poi andando avanti nella mia vita, rimasero intatte ed immacolate, perché mai ebbi a ridire su quelle amicizie, su quelli che allora erano miei amici si, ma su le persone conosciute su quel tatami no! sarà perché loro erano cresciute in quella palestra, ed avevano acquisito lo spirito di rispetto che il maestro allora intendeva dare.
Dopo diversi mesi, passati ad allenarmi, sotto la guida del mio maestro, il judo mi piacque, precedentemente, nella mia vita avevo praticato il calcio, il basket, il tennis, ma per la prima volta praticavo oltre che uno sport, anche una vera e propria filosofia di vita, almeno per chi avesse voluto intendere quello sport in quella maniera, ed era il mio caso, mi avvicinai molto al maestro e ai ragazzi più grandi, da loro fui accettato con amicizia e da loro appresi quello che semplicemente veniva chiamato sport.
In quel periodo, ricordo che iniziava a starmi stretto lo scoutismo, vedevo ipocrisia e gente presuntuosa intorno a me, ma non ne uscii, perché la cerchia delle mie “amicizie” era nel suo interno, iniziarono anche i primi contrasti con la religione che veniva insegnata, nell’ambito dello scoutismo ed iniziavo ad intravedere anche del fanatismo da parte di alcune persone dell’ambiente, quindi iniziai a prendere delle vie personali riguardo la religione.
Iniziai pian piano ad interpretare la Sacra Bibbia in un modo del tutto personale, lontano dagli insegnamenti dei sacerdoti che frequentavo negli scout, non ebbi mai occasione di esternare ciò, perché non mi ritenevo così forte da poter fronteggiare gli appartenenti a quel mondo e a quella cultura, in una discussione.
Dopo un anno, di judo, ci furono le prime gare, le prime vittorie e le prime sconfitte, ma la palestra, lo spirito che predominava in quel posto male odorante, a me era quello che interessava, i dialoghi con il maestro, si facevano sempre più intensi, più approfonditi, anche sui temi della vita, dai suoi discorsi si capiva che anche in quello metteva e si poteva mettere in pratica lo spirito di quella arte marziale, ed anche se la differenza di età in quel tempo ci divideva, il maestro si proponeva di fare di tutti i ragazzi degli uomini, trattando quindi tutti da adulti e pur con il rispetto dovuto ad un maestro di una palestra e ad una persona più grande, c’era dell’amicizia, di cui ne andavo fiero.
La vita, si sa, riserva molte sorprese e a quella età iniziano le divergenze di vedute, tra amici, si inizia ad intraprendere ogni uno una via diversa, poi iniziano le gelosie, magari ci si innamora della stessa ragazza, o cose del genere, quindi si rimane amici più per forza di inerzia che per puro altruismo, quindi quelli che all’inizio erano gli amici che mi introdussero in quella palestra, pian piano divennero solo dei conoscenti, frequentati solo perché si frequentavano gli stessi posti, ma che nell’intimo iniziavo a sentire lontani e più mi introducevo nello spirito di lealtà che animava quello sport e più sentivo di allontanarmi dal loro modo di affrontare la vita.
Fu sempre in quel periodo, che iniziò per me una vera e propria guerra interiore, su quale fosse il mio vero ruolo nella vita, all’interno degli scout, spesso venivano affrontati questi temi, ma da quando mi ero accostato a quella disciplina sportiva, recependone la filosofia da applicare anche nella vita quotidiana, tutto mi sembrava scontato nei loro discorsi, quindi le risposte ai miei perché, le cercavo più tra i miei nuovi amici ed il maestro, che all’interno di quella che avrebbe dovuto essere la sua sede naturale: l’associazione scoutistica.
Non erano leggeri, gli allenamenti, erano lunghi e molto faticosi, si lavorava molto per irrobustire la muscolatura e presto vidi i primi risultati nel mio fisico, ma i risultati di cui più andavo fiero erano quelli psicologici, quelli spirituali, mi sentivo nel praticare quella disciplina sportiva, più emancipato spiritualmente.
Il maestro, diceva che ero un buon sessantuno kg. Perché reggevo bene il peso e non tendevo ad ingrassare, nei combattimenti la parte che mi piaceva di più era la lotta a terra, li si gioca di astuzia, c’è bisogno di molta tecnica per arrivare ad uno strangolamento o ad una leva per costringere l’avversario al ritiro, così tra sport inteso a livello fisico e sport come disciplina e filosofia di vita, quale era il judo, unito all’aumentare dell’età, iniziava in me quel lungo processo che si chiama: crescere, giorno dopo giorno, mese dopo mese, con flessioni, addominali e corsa per il fisico e lunghi discorsi per lo spirito, mai volli cambiare quella cintura che mi era stata data il primo giorno, così anche dopo qualche anno di judo, rimasi con la mia cintura bianca, perché a me interessava più la crescita spirituale e non il distinguermi all’interno della palestra e tutti gli allenamenti che eseguivo li seguivo con l’entusiasmo del primo giorno.
E fu appunto in quel periodo che a me si presentò, il mio angelo custode, gia in precedenza vi ho parlato, di quanto io mi trovassi a disagio, sul non distinguere il mio ruolo nella vita quotidiana, e fu appunto il mio angelo custode, già, avete capito bene: il mio angelo custode, che mi prese per mano e mi illustrò il percorso fatto fino ad allora e le vie da seguire per il futuro, mi dette un ruolo, che non era semplicemente quello di vivere, ma di vivere per quel qualcosa chiamato : “piccolo resto”, rimasi impressionato al sapere che io vivevo per servire il mio DIO, quello che cercai nelle situazioni più disperate, nelle chiese, nei chierichetti, negli scout e non ultimo nella palestra di judo.
Le lezioni del mio angelo custode, non si discostavano molto dagli insegnamenti appresi in quella: male odorante palestra, ma furono e sono tutto oggi, più profondi, più radicali, perché ciò che egli insegna lo insegna alla radice, con l’unico scopo, di far progredire la mente, la dove neanche le discipline che anno radici nella filosofia riescano a fare.
Quello era il periodo in cui gli anni settanta finirono, ed iniziarono gli anni ottanta, anni in cui per me iniziò una nuova avventura, il servizio militare e sempre accompagnato dal mio angelo custode e con il bagaglio degli insegnamenti avuti in quella: male odorante palestra, partii, con destinazione Trapani per il C.A.R.
Durante il periodo della leva militare feci nuove amicizie, ma tutte destinate a finire con l’arrivo del congedo, che ben presto arrivò.
Nel mio cuore rimase sempre quella: male odorante palestra, ma le vicissitudini della vita mi ci tennero lontano anche dopo il congedo militare, ma rimasi sempre in contatto con il mio angelo custode che non mi abbandonò ed ancora non mi abbandona.
Iniziai quello che doveva essere il mio futuro da adulto, aprii una attività commerciale in proprio, iniziai una relazione seria con una ragazza e nel mio piccolo servivo il mio DIO, vivendo per quello che si chiama: piccolo resto.
Passarono altri tre o quattro anni, ed io sempre fidanzato con la stessa ragazza, acquisivo sempre più la consapevolezza dell’essere, il mio ruolo nella vita quotidiana, ed ogni qualvolta mi si proponeva l’occasione mettevo in pratica, quelli che erano stati gli insegnamenti in quella: male odorante palestra, il rispetto per il prossimo, la lealtà e la fedeltà e l’abnegazione nel servire il mio DIO.
E quando lei chiese di fare uno sport, per la forma fisica, io pensai che si poteva unire anche la forma spirituale, le proposi di ritornare in quella: male odorante palestra di judo , dicendole che anche per lei avrebbe potuto essere una buona scuola per la vita, almeno quanto lo fosse stata per me, lei accettò e dopo qualche giorno ritornai in quella palestra.
Trovai molti cambiamenti nella palestra, il mio maestro non c’era più, era stato sostituito, anche gli atleti non erano più gli stessi, ma facce nuove, non si insegnava più solo lo judo, ma diverse discipline sportive e soprattutto, non c’era più quel lungo dialogo e scuola di vita con il maestro.
Bastarono pochi mesi e oltre a tutte queste novità, in quella palestra, che i nuovi gestori avevano avuto cura di rinnovare e togliere il male odore, trovai anche un paio di corna, e fu allora che mi venne in mente che in un dialogo con il mio maestro a proposito di fedeltà, gli dissi che avrei sempre preferito ricevere una infedeltà e quindi subirla, anziché commetterla ed egli mi rispose che la pensava come me.
Da allora sono passati moltissimi anni, le amicizie sono per lo più sparite, quelle della mia adolescenza, così come è sparita la mia allora fidanzata, ma di quella palestra, mi sono rimasti due amici intimi, e molti altri con cui è rimasto il saluto.
Io non ho più, quella attività commerciale, che avrebbe dovuto accompagnarmi per tutta la vita, sia io che i miei due amici, lavoriamo nel sociale, uno presso una casa famiglia per minori in difficoltà, l’altro è un infermiere che spesso sceglie di praticare il suo lavoro in Africa presso le O.N.G. ed io mi occupo di anziani.
Purtroppo non ci incontriamo spesso, molti Km. Ci dividono, ma in questi primi anni del terzo millennio, ci soccorre la tecnologia, che era assente negli anni settanta, il telefonino, internet, è appunto con questi mezzi che rimaniamo in contatto e caso strano ha voluto: che rimanessimo tutti single.
Per pura curiosità, un paio di anni fa, ho provato a rimettere piede in una palestra, bellissima, piena di macchinari che negli anni settanta non esistevano, ma ho notato che si praticano arti marziali, senza più il romanticismo degli anni settanta e non credo che quel romanticismo avvolgesse solo me, certo è vero, forse quelle ricerche su quale fosse il mio ruolo nella vita, era solo un mio problema, che il praticare judo, mi ha introdotto nel cammino di ricerca che mi ero prefisso e con l’aiuto del maestro, ho iniziato ad avere risposte, ma che poi il mio angelo custode mi ha confermato, grazie maestro, sei stato il mio introduttore alla mia vita.

Cristal Ship!

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